DPI vs PPI: cosa sono e come usarli.

Chi inizia a stampare le proprie foto si imbatte in questi acronimi che possono creare confusione. Anche io, all’inizio, ero un po’ confuso tra i due e non riuscivo a capire. Però con una spiegazione chiara è semplice individuare la differenza. Per chi non lo sapesse, un pollice equivale a 2.54cm, una misura che ci servirà per chiarire le proprietà.

Il “ppi” è un acronimo dalle parole “pixel per inch”, ed è una misura della risoluzione di una foto od immagine qualsiasi. Di per sé non indica la qualità, né la grandezza di un file. Infatti, anche se utilizzassimo diversi valori di ppi, i pixel presenti in una foto non cambiano: saranno sempre uguali. Ciò che invece cambia è l’istruzione che imponiamo nel file qualora esso incontri una stampante. La risoluzione “ppi” impone soltanto quanti pixel, una volta stampata l’immagine, siano stati riprodotti in un pollice.

La risoluzione consigliata per immagini condivise sul web è di 72ppi, mentre, quando si volesse stampare l’immagine, allora è bene usare una risoluzione di 300ppi per dimensioni pari od inferiori a 40x60cm, in quanto il nostro occhio non riuscirà a distinguere i singoli pixel ad una distanza ravvicinata. Se volessimo stampare dimensioni maggiori, allora si può abbassare la risoluzione fino a 150ppi, considerando che la distanza da cui vedremo stampe superiori ai 40x60cm sarà sufficiente a non farci distinguere i singoli pixel.

L’acronimo “dpi” sta per “dots per inch”, cioè punti per pollice, ed è una risoluzione fisica tipica di ogni stampante. In pratica indica quanti punti, cioè quante gocce di inchiostro, la stampante è in grado di depositare in un singolo pollice. Maggiore è il numero di gocce, più nitida sarà la stampa. A prescindere di quanti pixel ci siano per pollice, la stampante depositerà sempre lo stesso numero di gocce. Al giorno d’oggi le stampanti, anche quelle più economiche, presentano un numero elevato di “dpi” dando la possibilità a tutti di poter stampare anche a casa con risoluzioni elevate. La differenza tra diverse risoluzione di stampa la si può notare in questa immagine simulata, dove ogni puntino corrisponde ad una goccia.

Supponendo che la lunghezza totale equivalga al lato di un pixel, ci si rende facilmente conto di come il “dpi” non abbia nulla a che fare con il “ppi”, in quanto ogni pixel sarà stampato alla stessa maniera. Inoltre si può facilmente intuire come più nitida sia la linea, e dunque la colorazione, con un alto valore di dpi, rispetto ad uno più basso, più idoneo per dimensioni grandi. Ma la differenza è solo la quantità di inchiostro utilizzato: sarebbe stato infatti da folli stampare cartelloni pubblicitari di alcuni metri con così tanto inchiostro, quando è più idoneo stampare con meno inchiostro, dunque con meno punti per pollice, dato che nessuno andrà a vedere da vicino il poster.

Al contrario, se utilizzaste un “ppi” più basso, ma un “dpi” elevato il risultato sarebbe una foto pixelata, dove riuscirete a distinguere i singoli pixel, ma che comunque non riuscireste mai a distinguere i singoli punti di inchiostro. I punti utilizzati nell’immagine, nella realtà sono grandi tra i 2 ed i 4 picolitri di inchiostro. Ciò sarebbe 0.000000000002 o 0.000000000004 litri di inchiostro, che si traducono in dimensioni microscopiche, impossibili da notare con l’occhio umano.

La confusione è nata agli albori del digitale e quando furono introdotte le stampanti a getto d’inchiostro. All’inizio, infatti, non vi era una tecnologia tale da poter offrire una risoluzione elevata nella stampa e le stampanti rilasciavano molto meno gocce per pollice dando un’immagine che sarebbe somigliata ad un quadro del puntinismo, facendo credere che la colpa sia dovuta alla bassa risoluzione del file originale. E la confusione è stata aumentata grazie a programmi di sviluppo come Photoshop e produttori di computer che hanno usato in maniera intercambiabile le due definizioni.

Si può avere una vera corrispondenza tra pixel e punti quando sia il valore di ppi che il valore di dpi coincidono. Quando infatti si ha lo stesso numero, ogni punto-goccia corrisponderà ad un pixel della foto.

Il problema è dunque presto risolto: la risoluzione “dpi” è una risoluzione fisica, tipica di ogni stampante. E, siccome le stampanti presentano valori elevati di punti per pollice, questa risoluzione può essere ignorata. Ciò che conta veramente è il numero di pixel per pollice. Solo questa influenzerà la nostra stampa, ed il valore che ci permette un ottimo risultato è pari a 300 pixel per pollice, 300ppi.

Spero di esser stato chiaro, ma se aveste dei dubbi non esitate a lasciare un commento qui sotto. Se avete trovato utile questo articolo allora vi invito a condividerlo, magari sarà utile anche ad altri, e se non volete perdere gli altri articoli, allora iscrivetevi al mio blog!


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