Chi si affaccia al mondo della fotografia, o meglio al mondo delle reflex o delle mirrorless, prima o poi si imbatte nella scelta tra due sigle di cui avrà sicuramente sentito parlare precedentemente. Stiamo parlando dello scegliere tra avere formato RAW, o nel formato JPEG.
Prima di addentrarci su quale è meglio usare, se ci sia un vincitore, cerchiamo di conoscere meglio di cosa stiamo parlando.
Il formato JPEG nacque già alla fine degli anni ottanta da un comitato composto dall’organizzazione mondiale per la standardizzazione (ISO) e l’unione per le telecomunicazioni internazionali. Questi due organismi crearono il Joint Photographic Experts Group il quale si riunisce tre volte all’anno per definire gli standard da adottare per la compressione e la trasmissione di immagini. Da questo gruppo, nel 1986, nasce il formato meglio conosciuto come JPEG, che ha come caratteristiche basilari di avere piccole dimensioni, e pertanto è facilmente condivisibile sul web.
Una tipica immagine in JPEG da 20 megapixel, con ottima qualità, può avere dimensioni di circa 7 megabyte, mentre in qualità più ridotta può arrivare a 2 megabyte. Questo tipo di file offre una profondità di 8 bit per canale. Ciò significa che vi sono 256 (2^8) livelli di discretizzazione per colore. Per esempio sul canale “rosso” si possono distinguere 256 diversi livelli di luminosità del rosso. Lo stesso succede negli altri canali del blu e del verde, meglio noti come colori primari. Sono già sufficienti per una buona resa su stampe e per condivisioni online.
Ciò che succede nella macchina fotografica è che il sensore cattura i dati di luminosità e colori della scena, li manda al processore, il quale comprime quei dati eliminando quei dati che sono molto vicini tra loro. Si apporta dunque una discretizzazione dei dati ridotta. Un’analogia spesso utilizzata per indicare un’immagine in JPEG è quella di un prodotto già pronto, come lo può essere una torta comprata al supermercato. La fotocamera cuoce la torta, applicando delle modifiche impostate dalla fabbrica, e la fornisce pronta per essere consumata. Sicuramente conveniente, per ragioni di tempo, ma qualora volessimo togliere dello zucchero, od aggiungere della crema all’interno della torta, o volessimo il pan di spagna più soffice, il prodotto subirebbe profonde modifiche tali da renderlo irriconoscibile.
Se il formato JPEG ha uno standard internazionale riconosciuto e certificato, il formato RAW è ancora privatizzato ed ogni casa manifatturiera è proprietaria di un formato RAW, pertanto occorrerà avere un software aggiornabile per potere leggere le foto in RAW delle future macchine fotografiche. Il termine è inglese e significa “grezzo, crudo”. Questo significa che la macchina fotografica non apporta alcuna modifica su ciò che il sensore cattura, salvando tutti i dati di luminosità e colori sulla scheda di memoria. Mantenendo l’analogia della torta è come se noi comprassimo la farina, le uova, il latte, gli aromi, il cioccolato, ed il resto degli ingredienti per la nostra torta. Come si può immaginare lo spazio per contenere tutti gli ingredienti aumenta notevolmente, dato che non possiamo comprare solo 150 grammi di farina, o 300ml di latte, 3 uova e così via, dato che si presentano in confezioni di grandezza già definita. Lo stesso succede nel file dell’immagine. Una foto da 20 megapixel sarà circa 25-30 megabyte, contenendo dai 12 ai 14 bit di informazioni per ogni canale di rosso, verde, blu. Significa che si potranno ottenere 4096 o 16384 livelli di discretizzazione, cioè vi saranno 4096 o 16384 diversi livelli di luminosità per ogni singolo colore primario. Questa elevata discretizzazione permette con un software adeguato di meglio controllare le eventuali modifiche da apportare, con un risultato che garantisce un’ottima qualità di immagine. In questo caso la fotocamera ci fornisce tutti gli ingredienti. Saremo poi noi a decidere quanto utilizzarne e come utilizzarli. Piccolo avviso: quando apriremo il file sul computer esso sarà diverso da come appariva sulla fotocamera. Questo perché la fotocamera stessa non riesce a “leggere” il formato RAW, ma mostra in anteprima il formato JPEG senza effettivamente salvarlo. È come se sulla confezione della farina vi fosse l’immagine della torta: quello sarebbe il risultato se si applicassero le modifiche della fotocamera.
Lo scopo ultimo è quello di ottenere un file in JPEG per potere essere condiviso sul web e per qualsiasi altro uso, data la limitata compatibilità del formato RAW. La conversione però è meglio farla su un computer, che ha una potenza di calcolo ben superiore della fotocamera stessa: è come se la torta, una volta pronta per il forno la cucinassimo in un forno da pasticceria con controllo ottimale della temperatura, piuttosto che in un forno a microonde che si spegne oltre un certo periodo di funzionamento. Nel primo caso la torta risulta ottima, nel secondo è probabile che la torta rimanga non commestibile.
Quale scegliere? Dipende da ciò che si vuole ed a che livello si è. Sicuramente chi è alle prime armi con una nuova fotocamera, dovere subito pensare allo sviluppo fotografico può essere un motivo di abbandono o di demotivazione nel proseguire in questo mondo. Ma non occorre dimenticare che le macchine fotografiche possono salvare simultaneamente i due formati. Vi potranno diminuire il numero degli scatti al secondo, perché la fotocamera dovrà non solo salvare due file per ogni foto, ma anche applicare ad ogni foto la propria ricetta per “cuocere” il file.
Per chi è alle prime armi, e se piace come la fotocamera rende la foto, ci si può dunque esercitare con i file grezzi (RAW) ad imitare il formato JPEG con il software di cui si ha accesso, in modo da familiarizzare con i parametri modificabili.
Per situazioni particolari invece, soprattutto quelle in scarsa luminosità oppure per soggetti con forti contrasti (per esempio scene al tramonto), è quasi d’obbligo l’uso del formato RAW, in modo da poter recuperare la foto durante il suo sviluppo. La fotocamera infatti non sa che cosa stiamo fotografando, non sa cosa stiamo “cucinando”. Potrebbe applicare una ricetta per la torta, quando in realtà stiamo facendo un arrosto: io non ho mai mangiato un arrosto con della crema pasticciera, voi?
Date un’occhiata alle seguenti foto in modo da capire i limiti dello scatto diretto in Jpeg, e di salvare le foto anche nel formato RAW, cioè di conservare i negativi delle vostre foto.
Iniziamo con un classico nonché la foto di copertina del video: una foto del tramonto. La prima foto è quello che la fotocamera renderebbe in Jpeg:
Abbiamo perso i dettagli della scogliera, anzi, non sappiamo neanche se ci sia una scogliera, od un spiaggia. Vediamo solo il cielo, ma è relegato ad una piccola parte, poiché il mio soggetto era la parte inferiore, illuminata dagli ultimi raggi del sole. Avendo il file RAW sono riuscito, seppur con un certo limite, a recuperare i dettagli della scogliera. Per fare ciò ho scattato la foto dando un’occhiata all’istogramma ed evitando di avere parti “nere pure”.
Altro esempio tipico è lo scatto di una nuvola con una strada. Di nuovo abbiamo una scena con un forte contrasto, che la fotocamera non riesce a rendere nel file Jpeg.
Sfruttando invece il formato RAW, di nuovo, sono riuscito a recuperare le informazioni sulla parte scura della foto, dando anche un riferimento per concepire le dimensioni della nuvola.
Un altro esempio per cui la fotocamera può essere tratta in inganno è il bilanciamento del bianco. È vero che esso può essere impostato nella fotocamera, ma è anche vero che si tratta di una impostazione in più di cui preoccuparsi, che può essere facilmente aggiustabile sul computer, in quanto l’effetto movimento dovuto al tempo di esposizione non è replicabile, così come l’effetto sfocato, od avere una riduzione del rumore digitale. Pertanto la mia macchina fotografica è impostata sul bilanciamento automatico del bianco, perché so che posso modificarlo dopo con più accuratezza, rispetto ad uno schermo di tre pollici. Questo però grazie al formato RAW. Infatti ecco come si potrebbe presentare un formato Jpeg con delle luci riflesse dalla carne di una macelleria:
Un aspetto non veritiero, e non naturale, che invece è raggiunto dal formato RAW durante lo sviluppo:
Lo stesso capita quando si scattano foto notturne. Nel primo caso è il bilanciamento automatico, tratto in inganno dalla presenza di luci cittadine che rendono innaturale il paesaggio:
Questo invece ciò che dovrebbe essere nella realtà, od in maniera più naturale ed appagante all’occhio:
Spero di essere stato chiaro, ma se aveste dei dubbi non esitate a lasciare un commento qui sotto. Invece se avete trovato questo articolo utile, perché non condividerlo? Magari aiuterà anche altri. Se non volete perdere i prossimi articoli iscrivitevi al mio blog!