Full frame e crop sensor. Termini inglesi che spesso creano confusione tra chi si avvicina al mondo della fotografia digitale.
In passato, quando c’era ancora la pellicola, sul mercato esisteva solo un formato: il 35mm. Questa lunghezza si riferisce al lato più lungo su cui veniva impressa l’immagine fotografata.
Con l’avvento dei sensori digitali è sorta una specie di giungla. Ogni produttore infatti ha optato per sensori con dimensioni più piccole e più disparate.
Per le fotocamere più performanti, ed anche più care, hanno mantenuto lo stesso formato da 35mm, detto in inglese full frame. Per il resto delle DSLR hanno optato per un sensore più piccolo, crop sensor (in italiano “sensore ritagliato”), ma tuttavia non meno performante in condizioni normali, e per gli usi più classici.
I sensori più piccoli vengono accompagnati nelle specifiche tecniche da un fattore moltiplicativo che va applicato per la lunghezza focale ed anche l’apertura del diaframma, per avere un equivalente nel formato 35mm. Per le Canon è 1.6, e per le Nikon è 1.5.
Attenzione: si moltiplica il valore dell’apertura del diaframma solo nel caso in cui si voglia ottenere lo stesso risultato di profondità di campo sul formato da 35mm. Ovviamente ciò implica il fatto che l’obiettivo è meno luminoso. Tuttavia il sensore più piccolo avendo un’area minore ha bisogno di meno luce per raggiungere la stessa esposizione. Inoltre l’apertura del diaframma è pur sempre un fattore fisico, cioè frutto di caratteristiche di costruzione. A pari aperture del diaframma la differenza tra una foto fatta con un sensore 35mm ed uno più piccolo si vede sulla dimensione della profondità di campo. Ma si riesce ad ottenere una corretta esposizione con stessi valori di ISO e tempo di esposizione, a parità di apertura del diaframma.
Per questo motivo occorrono obiettivi più veloci, in gergo fotografico significa con aperture di diaframma minori di f/1.8, per avere un ottimo risultato anche su sensori più piccoli, per quanto riguarda la profondità di campo.
Tutti gli obiettivi in commercio, anche sulle compatte, sono descritti con una misura di lunghezza. Il più classico, per le DSLR con sensore APS-C è il 18-55mm, quelle con un sensore grande quanto il fotogramma delle vecchie pellicole, è il 24-70mm.
Ma cosa misurano effettivamente questi millimetri?
Un obiettivo è, dal punto di vista tecnico, una specie di telescopio, con le opportune differenze. All’interno vi sono diverse lenti, che ben combinate proiettano l’immagine sul sensore.
Come tutte le lenti, gli obiettivi hanno un punto focale, dove i raggi di luce convergono. La lunghezza focale di un obiettivo è dunque la distanza tra questo punto di unione dei raggi di luce, ed il piano del sensore. Non ha nulla a che fare con le dimensioni dell’obiettivo.
Su tutte le fotocamere DSLR e le più avanzate compatte, vicino al mirino vi è un simbolo, una specie di zero tagliato. Questo simbolo indica il piano del vostro sensore, quindi potete immaginare quanto distante sia il punto focale nell’obiettivo.
Dato che fino agli inizi degli anni 2000 il formato da 35mm era molto comune, gli obiettivi riportano nelle loro schede tecniche anche la dicitura: “35mm equivalent”, cioè l’equivalente in 35mm: questo possiamo considerarlo un tacito standard, non regolato da nessuna norma, ma che esiste tra i fotografi.
Dunque un classico obiettivo per sensori più piccoli APS-C 18-55 in realtà da la stessa immagine scattata con un sensore 35mm ed un obiettivo di lunghezza focale di circa 28-88mm, paragonabile, ma non uguale, al classico 24-70mm.
Ad ogni lunghezza focale corrisponde un certo campo visivo, che di solito si suddivide in:
- ultra grandangolo,
- grandangolo,
- normale,
- telefoto,
- super telefoto.
Gli ultra grandangoli sono suddivisi in due categorie.
La prima racchiude gli obiettivi fish-eye, che permettono di avere una visuale pari o molto prossima a 180° lungo la diagonale dell’immagine. Tali obiettivi sono progettati per specifici sensori, e di solito sono fissi, hanno una sola lunghezza focale, pertanto anche cari, sebbene non siano molto luminosi (qui qualche esempio di obiettivo fish-eye). La tipica lunghezza focale è pari o minore a 10mm in linea di massima.
La seconda categoria raccoglie gli obiettivi che pur avendo una grande visuale non causano forti deformazioni, almeno non tante quante la tipologia fish-eye. La visuale è prossima o leggermente minore di 180° lungo la diagonale, ma comunque superiore agli 80°, sempre lungo la diagonale, e le lunghezze focali tipiche sono comprese tra i 10 ed i 24 mm equivalenti. Quindi per formati più piccoli occorre dividere per il corrispettivo valore (1.6 od 1.5, ed un ottimo obiettivo ultragrandangolare per sensori APS-C è il Tokina 11-16mm f/2.8). I prezzi per questo tipo di obiettivi sono abbordabili, con valide alternative a basso costo.
I grandangoli invece hanno una lunghezza focale equivalente compresa tra i 24 ed i 35 mm, con quest’ultima che già da una certa importanza al nostro soggetto, ma è ancora abbastanza esteso come campo visivo. A 35mm, infatti l’angolo di campo è di circa 63°.
L’obiettivo normale è quello cui modulo dell’angolo del campo visivo è pari alla diagonale del nostro sensore. Quindi per un sensore full frame, che ha una diagonale pari a circa 43mm, l’obiettivo normale ha un campo visivo lungo la diagonale di circa 43° e cioè il classico 50mm. Per sensori APS-C l’obiettivo normale ha un campo visivo lungo la diagonale di circa 27° (essendo 27mm la diagonale del sensore), che corrisponde al campo visivo prodotto da un obiettivo di circa 35mm.
Perché sono popolari queste lunghezze focali? Perché innanzitutto sono economiche (come il caso del Canon EF 50mm f/1.8), e poi perché il campo visivo che riproducono è abbastanza simile a quello dei nostri occhi.
Si arriva dunque alle lunghezze focali intorno ai 70-80mm equivalenti che ricadono nel basso campo degli obiettivi telefoto.
Tutte le lunghezze focali tra i 24mm e i 70mm equivalenti sono ricoperte dall’obiettivo di base che è ottimo per scattare foto in qualsiasi situazione: da un paesaggio ad un ritratto. Il costo è più o meno elevato. Ciò che lo decide è l’apertura minima del diaframma. Obiettivi più luminosi sono più cari, soprattutto se tale apertura minima è costante lungo tutta l’escursione focale.
Tra i 70 ed i 200 mm ricadono tutti gli obiettivi telefoto, che permettono di fotografare soggetti via via più lontani, ma non lontanissimi. Infatti hanno un massimo angolo di visione di circa 15° lungo la diagonale. Quindi può andare bene per distanze medie, come per esempio dentro una chiesa per una celebrazione per evitare di essere invadenti. Non pensate di andare a fotografare una partita di qualsiasi sport con tali lunghezze! I prezzi qua si alzano se si vuole una certa qualità.
Oltre i 200mm vi è il regno dei mostri. Lunghezze focali superiori infatti richiedono di norma obiettivi sempre più grandi, e pesanti, ed anche cari. Nonostante ciò vi permettono di fotografare oggetti distanti (tipo la luna con una lunghezza focale di almeno 400-500 mm) con grande nitidezza. Ci sono anche degli obiettivi che sono meno cari ed ingombranti, ma a patto di sacrificare un po’ di luminosità ed una qualità d’immagine certamente non alla pari di obiettivi più rinomati. Tuttavia, per un uso amatoriale, queste alternative sono più che valide.
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